Le pitiche

Le pitiche

Nella raccolta di tutte le Odi e i frammenti di Pindaro, la Fondazione Lorenzo Valla pubblicò, anni or sono, le Istmiche, a cura di G. Aurelio Privitera. Ora è la volta dell'opera più famosa, le Pitiche, nel testo critico (ricco di lezioni nuove), con l'introduzione di Bruno Gentili, e il ricchissimo commento di Paola Angeli Bernardini, Ettore Cingano e Pietro Giannini. Seguiranno le Nemee; e altri due volumi. Nessuna poesia, più di quella di Pindaro, esalta ciò che è: la realtà, l'ordine e la misura dell'uomo aristocratico, obbediente agli dei; nessuno è più diffidente di lui verso i sogni, le illusioni e le speranze impossibili. Certo, ciò che esiste può svelare il suo nulla: allora Pindaro proclama la vanità dell'uomo come tale: "sogno di un'ombra è l'uomo". Ma se tutto ciò che è umano viene assunto nel mito, esso perde ogni limitezza: tutto gronda mito: tutto è illuminato e alonato dal mito, che ci appare con l'evidenza assoluta della rivelazione, come forse in nessun altro poeta. Se il mostruoso - Tifone e l'Etna - minaccia il mondo, interviene la poesia, con la sua immensa forza pacificatrice: avvolge tutte le cose, e persino gli dei, in un'ipnosi, in un sopore quasi mortale, che annulla ogni rischio e timore. La poesia è acqua: la poesia ha il lieve volo delle api: la poesia è una costruzione architettonica, come uno dei templi di Delfi, ma è più durevole di essi, perché nè pioggia nè vento possono sospingerla negli abissi del mare: la poesia ha ali: la poesia è tremenda come l'arte del flauto, che Atena ha inventato imitando il lamento delle Gorgoni moribonde; e, anche per il tremendo che porta in sé stessa, è sublime.Edizione con testo originale a fronte.

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