La guerra dei bambini. Infanzia e vita quotidiana durante il nazismo

La guerra dei bambini. Infanzia e vita quotidiana durante il nazismo

"Dura come il cuoio, forte come l'acciaio Krupp e veloce come un levriero." Queste, nei progetti di Hitler, erano le qualità che la gioventù tedesca del futuro avrebbe dovuto possedere. Tra gli obiettivi della guerra che il regime nazista aveva intrapreso per la conquista dello "spazio vitale" e per combattere le forze del "bolscevismo giudaico" c'era quello di rendere la Germania sicura per la generazione più giovane. Per proteggerla furono realizzati i campi estivi della Gioventù hitleriana e venne organizzato lo sfollamento dei minori dalle città minacciate dalle incursioni aeree. Ma si decise anche di eliminare ed emarginare fin dalla più tenera età quegli elementi "deboli" che avrebbero potuto inquinare la purezza razziale dei tedeschi di domani: i "non ariani", i malati di mente, i disabili, i delinquenti. A un certo punto, però, quando gli eventi bellici precipitarono, i giovani nel cui nome il regime nazista perseguiva la propria utopica visione dovettero essere immolati alla sua difesa. Con la costituzione del Volkssturm (ultima leva composta da adolescenti e da uomini che avevano superato la mezza età) le contraddizioni insite nell'ideale nazionalsocialista di gioventù emersero in modo stridente: si investiva nella salute dei minori, li si tutelava con severe disposizioni dallo sfruttamento sul lavoro e li si allontanava dalle città a rischio per poi mandarli contro i carri armati in bicicletta, armati di un paio di granate anticarro fissate al manubrio con una cinghia. All'utopia di una nazione ariana di famiglie sane, belle e felici, subentrava ora il suo opposto: il sacrificio. Verso la fine della guerra, per Goebbels e Hitler l'annientamento dell'intera nazione divenne preferibile alla sua capitolazione. Nicholas Stargardt dà voce per la prima volta ai bambini e ai giovani che vissero sotto il dominio del Terzo Reich e furono vittime del suo macabro progetto imperiale. Attingendo a un'ampia scelta di fonti, da cartelle cliniche a diari privati, lettere, disegni e fotografie, l'autore considera la tragedia della seconda guerra mondiale dal punto di vista dei più vulnerabili e offre un'interpretazione originale dell'ordine sociale nazista nel suo complesso. Trascinati nel più terribile dei conflitti europei, bambini e ragazzi caddero preda di bombardamenti, patirono la fame, furono costretti a fughe di massa, morirono nei campi di sterminio. Ma svolsero anche un ruolo di attiva partecipazione: contrabbandavano cibo, trafficavano al mercato nero e si occupavano di genitori, fratelli e sorelle malati. Inoltre seppero adattarsi rapidamente ai cambiamenti storici: i bambini polacchi, a contatto con la brutale realtà dell'occupazione tedesca, giocavano a condurre interrogatori della Gestapo, quelli ebrei a fare le guardie del ghetto o le SS, quelli tedeschi, a pochi giorni dalla resa della Germania, ai soldati russi. Immaginando se stessi nei ruoli dei loro onnipotenti nemici, i giovani esprimevano speranze e timori, ma anche umiliazione, rabbia e invidia, sentimenti tragicamente condensati nelle parole di un piccolo ebreo di otto anni: "Voglio rubare, voglio rapinare, voglio mangiare, voglio essere un tedesco". Combatterono la guerra dentro di loro e ne uscirono lacerati interiormente. Se si identificarono con le forze vittoriose e videro nei propri genitori l'immagine della sconfitta impotente, è perché in qualche modo si sforzavano di sopravvivere e di guardare avanti.
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