Red Platoon. Un'epopea militare

Red Platoon. Un'epopea militare

Il 3 ottobre 2009, in Afghanistan, le milizie talebane scatenano a sorpresa una pioggia di fuoco su un avamposto militare americano. E la battaglia del «Keating», una remota base creata tre anni prima per limitare i movimenti dei terroristi al confine con il Pakistan e in procinto di essere smantellata perché giudicata dagli strateghi di Washington troppo isolata ed esposta. A difendersi strenuamente in uno scontro di quattordici ore, che li vede in un primo momento soccombere (con gran parte degli edifici in fiamme e il nemico già all'interno del perimetro), sono gli uomini del Red Platoon e i loro compagni della Black Knight Troop. E in prima linea, a guidare sul campo le operazioni, il sergente di squadra Clinton Romesha, insignito per questa sua azione della Medal of Honor, il massimo riconoscimento statunitense al valor militare. Colto di sorpresa, il Red cerca di organizzarsi e reagire. Al primo virulento attacco risponde con altrettanta aggressività, cercando di resistere - asserragliato come in una nuova Fort Alamo - fino all'arrivo dell'aviazione. Per lunghe ore è un'«ordalia», a cui tutti gli uomini del plotone partecipano con coraggio e generosità, pur sentendo di essere prossimi alla disfatta. Finché, a infondere nuova energia e a capovolgere l'esito del combattimento, oltre al rombo degli aerei chiamati in soccorso e alla potenza del fuoco amico, è la disperata volontà di recuperare i corpi degli otto compagni caduti per impedire che se ne impadroniscano i talebani, che sono soliti filmarli e postare i video in rete, esibendoli trionfalmente e oltraggiosamente come prede. Senza lesinare dubbi, critiche e sarcasmo sulla conduzione e la sensatezza della guerra, l'appassionato e lucido racconto di Romesha del «giorno più lungo» del Keating ha il pregio e la cadenza epica della memoria corale, e la sua prosa efficace getta il lettore nella mischia più di quanto potrebbe fare un film, restituendo in tutta la loro drammaticità le voci, i pensieri e le gesta dei protagonisti. Fino all'indimenticabile ricordo degli amici rimasti sul campo, riconosciuti con toccante spirito di corpo come i veri destinatari dell'onorificenza ricevuta: «Sono quegli otto uomini che hanno combattuto al mio fianco coloro che veramente meritano il riconoscimento, perché gli eroi - gli eroi veri, quelli a cui dev'essere riservato l'onore - non tornano a casa. Io conservo la medaglia, e tutto ciò che questa rappresenta, in nome dei suoi legittimi proprietari».
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