Un sogno di polvere e acqua. Storia della famiglia che ha inventato la Moka
A Crusinallo, una frazione di Omegna alle spalle del lago d’Orta, ci sono ancora oggi i resti di una delle più grandi fabbriche al mondo. Architettura avveniristica, cemento e cristallo, centinaia di dipendenti per produrre un oggetto unico: la Moka Bialetti. Se la caffettiera porta quel nome è grazie a due uomini che in comune forse hanno solo il fatto di essere padre e figlio. Alfonso è colui che ha inventato questa macchinetta rivoluzionaria, che fa il caffè in pochi minuti: un sognatore prudente, che negli anni Trenta ha affidato alle proprie mani capaci un’intuizione geniale. E poi c’è Renato, che è tutto l’opposto: ambizioso, temerario e dotato di una lungimiranza imprenditoriale senza pari. È grazie a lui se la Moka costruita in una piccola officina da suo padre diventa l’oggetto che non può mancare in nessuna casa; è per merito suo se il “baffo” Bialetti diventa un marchio che sanno riconoscere anche i bambini. Diversi come la polvere del caffè e l’acqua, Alfonso e Renato. Eppure la moka non funziona se manca uno dei due ingredienti, e acqua e polvere non si mescolano se non c’è pressione, tensione, persino conflitto. A sorvegliare il loro equilibrio incerto ci sono le donne della famiglia, ostinate e rivoluzionarie come la Nigoglia, le cui acque scorrono al contrario, dal lago vanno verso i monti. Ada, che ha un talento naturale nel risolvere i guai, e Tina, la più piccola dei Bialetti, nata quasi da un miracolo e che rivendicherà sempre la libertà di scegliere la strada da seguire.
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