Plotino o la semplicità dello sguardo

Plotino o la semplicità dello sguardo

Plotino tende a parlare ben poco di sé ed è attraverso il racconto di un suo discepolo, Porfirio, che si delineano i contorni di un personaggio a prima vista alquanto singolare: uno che vieta di fargli il ritratto, che non rivela a nessuno la propria data di nascita e rifiuta testardamente di sottoporsi a cure che potrebbero alleviare le sue sofferenze. C'è addirittura chi insinua che non faccia eccessiva attenzione alla propria igiene personale e che vada soggetto a una "sindrome malinconica" che lo porta a privilegiare gli stati di malattia. Plotino, in verità, riserva molte delle proprie energie alla vita spirituale, in una tensione verso il divino che non conosce riposo. L'esperienza dell'unione mistica, però, non dura mai a lungo: vivere vuol dire allora prepararsi di nuovo alla contemplazione attraverso la pratica delle virtù. L'attenzione per il mondo trascendente non deve comunque indurre a svalutare il mondo sensibile: strenua è in questo senso la lotta di Plotino contro lo gnosticismo. Chi guarda le cose a fondo coglie in esse, al di là delle apparenze, il mondo delle Forme e quando riesce a percepire la grazia che in esse riluce sorge l'amore. L'amore umano non è più, come in Platone, veicolo esclusivo di ascesa verso il Bene, ma termine di paragone di una esperienza mistica.In questo piccolo libro non si troverà l'ordinata esposizione di un sistema, ma un magistrale "psicoritratto": l'esperienza personale di un direttore di coscienza che si sforza di essere "contemporaneamente presente a sé e agli altri" e che, pur cercando l'unione con il divino, non si sottrae alle responsabilità della vita quotidiana.
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