La cantata dei pastori

La cantata dei pastori

Nel 1698 Casimiro Ruggiero Ogone, al secolo Andrea Perrucci, mette in scena una rappresentazione sacra destinata a diventare il rito con cui Napoli festeggia il Natale da ormai tre secoli: la cosiddetta "Cantata dei pastori".La storia è quella di Giuseppe e Maria che vagano per le campagne di Betlemme alla ricerca di un riparo, ostacolati dal perfido Belfegor e protetti dalla spada divina dell'arcangelo Gabriele. Ma il motore dell'azione drammatica è Razullo, scrivano partenopeo, capitato in quei sacri luoghi per il censimento voluto dall'Imperatore, costretto a mutare costumi e mestieri pur di placare la fame che lo perseguita.Contrappuntando la fissità epica dei versi arcadici con la ritmicità figurativa del dialetto, il Perrucci crea un'opera dalla struttura multiforme che entra a far parte della tradizione orale. E il popolo se ne appropria, la arricchisce con le espressioni degli imbonitori di piazza, con monorimi giullareschi e doppi sensi, moltiplica i diavoli e s'inventa Sarchiapone, un compagno di lazzi licenziosi da affiancare a Razullo. Così, a dispetto dei censori di ogni tempo, "La Cantata" perde la sua funzione edificante trasformandosi in un "erotico accoppiamento tra il Bene e il Male".In una presentazione ritmata da una lingua che gioca con tutta l'ironia e la musicalità del barocco, Roberto De Simone fa rivivere il Seicento napoletano in un quadro dai forti chiaroscuri caravaggeschi. Ma, soprattutto, ci restituisce l'originale perrucciano che molti studiosi, tra cui il Croce, avevano considerato irrimediabilmente perduto. Con un'accurata e intelligente scelta di documenti teatrali e letterari, l'autore segue nel corso dei secoli l'evoluzione della "Cantata dei pastori". Uno spettacolo raccontato con il rigore dello studioso, la sensibilità dell'uomo di teatro, il gusto di uno spettatore divertito.
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