L'africano

L'africano

Umberto Narello detto Berto ha "una faccia da ribelle, col ciuffo di traverso" nella vecchia fotografia di classe che lo ritrae bambino a Monforte d'Alba. Pochi anni piú tardi il destino lo porterà a scappare in Francia, ad arruolarsi nella Legione straniera, a fare il mercenario, e infine, stanco di guerre, a cercare riposo in Ruanda, per amore di una bellissima donna tutsi. Elsa invece lavora a Bruxelles, come assistente sociale, e s'imbatte in un "caso" che la tocca come nessun altro: quello di Léon, un giovane etologo che pare aver perso insieme alla memoria la voglia di vivere. Nell'arco temporale di un anno, il 1994, queste tre vite cosí diverse casualmente s'incrociano e si confrontano, anche nell'orrore: perché il 1994 è l'anno del genocidio, uno dei piú atroci che la storia ricordi. In circa cento giorni vennero massacrate sistematicamente a colpi di machete e bastoni chiodati quasi un milione di persone appartenenti alla minoranza etnica tutsi. Mario Cavatore, come già nel suo primo romanzo, sa ricondurre con forza la Storia alle storie di singoli uomini, e restituire prima di tutto dei destini, grazie a una narrazione scarna e a un montaggio serrato. Al centro del racconto ci sono sempre individui che hanno un sogno destinato a incrinarsi contro il mondo. Individui che vanno raccontati, perché hanno davvero qualcosa da raccontare.
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