Altri colori. Vita, arte, libri e città

Altri colori. Vita, arte, libri e città

Quando un terremoto, alla fine degli anni Novanta, devastò Istanbul causando piú di trentamila morti, Pamuk decise di percorrere le strade della sua città per prestare soccorso alle vittime e osservare, con gli occhi dello scrittore, le conseguenze del sisma. Il terremoto è soltanto l'ultimo dei disastri che hanno colpito Istanbul nel corso dei secoli: incendi, assedi, conquiste, invasioni, rivoluzioni sono gli agenti di una distruzione che ciclicamente ridisegna il volto della città. Eppure camminare tra le macerie, osservare i palazzi sventrati e le vite annientate, vivere in prima persona l'angoscia della prossima apocalittica scossa, conduce Pamuk a una scoperta sorprendente: epoche, popoli e tradizioni (bizantini, greci, armeni, ottomani...) a Istanbul non si sostituiscono ma si sovrappongono come sedimenti geologici, come gli strati successivi di rovine che si accumulano le une sulle altre. Tocca al romanziere inoltrarsi nelle profondità di questo territorio e opporre all'opera devastatrice del tempo e della storia il gesto riparatore della scrittura. E veramente è un gesto, un movimento: quello di chi scende in strada e diventa testimone oculare, di chi si addentra nella complessità dei fenomeni con la leggerezza e la sensibilità del flaneur e poi torna alla scrivania, armato solo della sua immaginazione, e scrive. "Ciò di cui ho bisogno non è tanto la letteratura in sé, ma il rimanere solo in una stanza a fantasticare": in questo bisogno, in questa necessità di sofferta solitudine, di esilio allo stesso tempo desiderato e subito, si nasconde la fedeltà alla propria vocazione. Così, all'opera distruttrice del tempo e degli uomini, lo scrittore oppone la forza solitaria, disarmata e necessaria della letteratura.
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