Città e rivoluzione. Architettura e urbanistica sovietiche degli anni Venti

Città e rivoluzione. Architettura e urbanistica sovietiche degli anni Venti

Cinquant'anni fa in Russia si stava edificando una nuova società fondata su nuovi rapporti di produzione, e si pensava che sarebbe presto apparso un tipo d'uomo privo dei pregiudizi e delle abitudini del vecchio mondo. Ma quest'uomo nuovo non poteva svilupparsi nelle abitazioni modellate sull'immagine della vecchia società. Occorrevano un quadro di vita, delle strutture spaziali completamente diverse e bisognava creale subito, perché era vivendovi che l'uomo vecchio si sarebbe trasformato, perché non si trattava di cambiare un modo di vita soltanto, ma tutta quanta una mentalità. Nacque così l'esperienza sovietica del costruttivismo, che per i presupposti teorici in base ai quali si trovò a operare rappresenta un unicum che non può essere paragonato al funzionalismo in atto contemporaneamente nel mondo occidentale. Non bastano a definire il fenomeno le riduzioni dell'esperienza sovietica ad avanguardia culturale, a movimento moderno, a continuità storica portate avanti da numerosi studi fatti sull'argomento nell'ultimo decennio, anche in Italia. Il decorso caratteristico di questa esperienza è consistito nella progressiva tradizione, ossia in nuove forme di interpretazione e progettazione e la sua ideologia formale e concettuale, le ricerche fondamentali di Le Corbusier e dei futuristi italiani, lo Stijl olandese hanno le loro radici in alcune pagine delle riviste sovietiche degli anni Venti... gli architetti comunisti che espressero lo 'spazio nuovo' in accordo con la rivoluzione, espressero lo stato di una società comunista evoluta: nel 1920-30 quella del 1967..."
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