Lo capisce anche un bambino. Storia di una famiglia inconcepibile

Lo capisce anche un bambino. Storia di una famiglia inconcepibile

Due papà, due figli: questa è la fantastica storia vera di una famiglia felice per natura, ma invisibile per legge. “Concepirsi genitori è una continua dichiarazione d’amore verso la meraviglia del mondo, e una continua dichiarazione di guerra verso ogni sua bruttura.” “Un figlio è sempre una scoperta che muta la geografia del tuo mondo.” E il mondo che questo libro invita a esplorare è quello raccontato dalla voce di un padre, ma osservato con gli occhi di Lorenzo e Martino, due bimbi che condividono la stessa cameretta, la stessa storia di amore, determinazione e cura e, soprattutto, gli stessi genitori: papà Mattia e papà Nicola. È la storia vera, insomma, di una famiglia come le altre: una famiglia felice che, convinta di essere trasparente, una tra le tante, scopre invece di essere invisibile. Perché se l’amore ignora sempre le leggi della fisica e della biologia, la legge talvolta ignora l’amore. A Lorenzo e Martino, infatti, che di genitori ne hanno due, l’ordinamento italiano ne riconosce solo uno per ciascuno. L’altro, per le istituzioni, non è che un mero convivente. Lorenzo e Martino, per la legge italiana, non sono fratelli. “Per il nostro Paese noi siamo quattro simpatici coinquilini che si vogliono tanto bene e che, se trovassero un buon portiere, potrebbero formare un’ottima squadra di calcetto a cinque. Se solo papà Mattia e papà Nicola sapessero giocare a pallone. è questo, il problema.” Con una scrittura delicata e profonda, Mattia Zecca racconta una storia personale ma anche collettiva, che ci riguarda come figli prima ancora che come genitori, nel nostro diritto assoluto di essere visti per quello che siamo. E, in fondo, getta luce sull’unico senso intimo e universale del desiderio di costruire una famiglia: “Essere genitori è prima di tutto un’occasione: quella di essere i bambini che non siamo mai stati, o che non siamo stati abbastanza, o che non siamo stati come avremmo realmente potuto o desiderato. Essere genitori vorrebbe dire, insomma, tornare bambini, ma imparando a esserlo meglio”.
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