La prigione romantica

La prigione romantica

Luogo delle segregazioni e del dolore, ma insieme occasione di ascesi, di sogno e liberazione, addirittura di felicità: non solo nella letteratura ma nell'immaginario occidentale, quello della prigione è un tema ambivalente. Se il carcere, nella sofferta riflessione pascaliana, può essere metafora tragica della condizione umana, nello spazio protettivo e quieto della cella carceraria, così simile a quella d'un convento, può viceversa consumarsi la secessione orgogliosa dal consorzio umano, l'incontro con il proprio io denudato. Ha dunque un senso che, in particolare con il Romanticismo e la sua glorificazione dell'individualità eroica, il tema della prigione sia in letteratura fortemente marcato, fino ad apparire come l'emblema stesso dello scrittore e del suo mestiere. E per un Ottocento assediato dalle folle, che scopre il tumulto minaccioso della vita urbana, la prigione è un 'intérieur' in cui trovare rifugio: forse, con il suo carattere di luogo estremo, l'"intérieur" per eccellenza. Spetterà al nostro secolo, con l'orrore dell'universo concentrazionario, sconsacrare l'immagine claustrale della prigione: in un mondo che ha conosciuto i Lager, il "lirismo carcerario" ha un suono falso e sospetto; e quella letteratura che vorrà riscoprire la storia e la solidarietà degli uomini, non potrà che sconfessare la fuga davanti alla vita, la santificazione narcisista di sé che si nasconde nell'utopia della prigione romantica.
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