Crimini che non si possono né perdonare né punire. L'emergere di una giustizia internazionale

Crimini che non si possono né perdonare né punire. L'emergere di una giustizia internazionale

Il processo di Norimberga è stato l'ultimo atto di guerra di un conflitto mondiale o la pietra miliare di una giustizia internazionale? Dopo il processo di Tokyo e il processo Eichmann, con la fine della guerra fredda, le iniziative per sottoporre a giudizio i crimini di guerra e contro l'umanità si sono moltiplicate: Pinochet è stato portato di fronte a un tribunale inglese su istanza di un giudice spagnolo, due tribunali ad hoc sono stati creati per la ex Jugoslavia e il Ruanda e, finalmente, il 1° luglio 2002 è entrata in funzione la Corte penale internazionale dell'Aia. Seguendo una via diversa, in Sudafrica è stata istituita una Commissione per la verità e la riconciliazione nazionale e nello stesso Ruanda, accanto al tribunale penale, sono sorti dei 'tribunali di villaggio' che si rifanno ad antiche tradizioni locali. La giurisdizione penale internazionale pone problemi inediti sotto il profilo giuridico, etico e politico, che l'autore discute nel volume discostandosi sia dal 'fondamentalismo' giuridico, sia da quanti, machiavellicamente, credono nei soli rapporti di forza tra Stati. Secondo Garapon, una giustizia internazionale che non sia solo repressiva, ma anche ricostitutiva del legame sociale spezzato deve rispondere ad alcune domande di fondo: i processi guariscono le vittime? I giudici scrivono una buona storia? Che ruolo ha la giustizia nel ricostruire la pace e nell'impedire future guerre?
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