Feroce Medea. La tragedia di Euripide
Mano infelice, prendi questa spada. Prendila. Va'. Ecco il limite. Tu varcalo. Limite doloroso. Non avere paura. Scaccia da te il ricordo dei tuoi figli. Ti sono cari. Tu li hai partoriti. Ma per oggi dimentica: per oggi. Poi piangi. Anche se oggi tu li uccidi, loro ti sono cari. E io sono una donna disperata. Abbandonata dal marito Giasone, Medea consuma la sua atroce vendetta: uccide dapprima la donna rivale e il padre di lei. Poi - pur straziata, e consapevole del suo gesto abnorme - trucida i suoi stessi figli, perché questo è il modo migliore per infliggere al marito traditore la più dura delle sofferenze. Dopo il delitto fuggirà sul carro del Sole, suo progenitore, impunita e trionfante. Mai nessuno, prima di Euripide, ha messo in scena l'infanticidio di Medea: una novità destinata a sconcertare il pubblico, che assiste impotente alla scoperta del piano sanguinario. Con scrittura felice, l'autore riscopre la tragica eroina di Euripide così come apparve agli esterrefatti spettatori ateniesi in una mattina di primavera del 431 a.C., ne disvela la ferocia occultata da secoli di riscritture innocentistiche, e ci induce a rivivere l'effetto paralizzante di una storia letteralmente inaudita.
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