Vecchio, un greco non può esserlo

Vecchio, un greco non può esserlo

«Vecchio, un greco non può esserlo», proclamava Platone nel Timeo. Ma cosa intendeva dire con questa affermazione? E più in generale, com'era considerata la vecchiaia nella società antica? Come un processo naturale, un'età della vita come tutte le altre o come una patologia da contrastare? E qual era l'approccio dei medici? Véronique Boudon-Millot affronta queste e altre domande nei dieci capitoli che compongono questo libro. Che tuttavia, come viene detto sin dall'inizo, non è né un libro sui vecchi, né un libro sulla vecchiaia, ma piuttosto sull'invecchiare. Muovendosi tra mito e letteratura - la poesia tragica, i padri del pensiero filosofico, gli scritti di maestri dell'arte medica quali Ippocrate e Galeno - l'autrice ci presenta un quadro dove la vecchiaia è vista come una realtà comune a tutti gli esseri viventi: un appannaggio dei mortali, sconosciuta soltanto agli dei. E se non fosse per il senso del pudore, per la vergogna di un corpo che sfiorisce, sarebbe un declinare in fondo dolce, come osserva Silvia Romani nel suo denso testo introduttivo all'edizione italiana.
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