Beato Angelico

Beato Angelico

Ripercorrendo l’intera opera dell’Angelico da Fiesole a Firenze e a Roma, questo lavoro di Castelfranchi esprime una tesi molto forte e fa dell’artista l’avanguardia dell’Umanesimo. Un domenicano imbevuto di tomismo che assorbe le nuove istanze culturali ed estetiche, in particolare la lezione dell’Alberti, attua una pittura che trattando soggetti religiosi (il termine era “devoti”, ed è stato ripreso da Castelfranchi), ci pone davanti alla raffigurazione dell’uomo nuovo inserito in un contesto nel quale le regole della prospettiva e la lezione della luce (anche fiamminga) sono pienamente realizzate. Il miracolo del convento di San Marco totalmente affrescato ci conferma un Angelico capace di enorme lavoro e lo mostra straordinario capo atelier. I suoi committenti romani, i papi Eugenio iv e Niccolò i, erano stati a lungo nella scena fiorentina promotori della cultura umanistica e anche a Roma vogliono quell’Angelico che avevano già tanto apprezzato a Firenze tra la metà degli anni ’30 e ’40 del 1400. Proprio nella capitale, ci spiega Castelfranchi, Beato Angelico raggiungerà in pittura una “classicità” purissima. Un'opera fondamentale che ha fatto la storia dell'arte; un testo realmente visionario con decine di tavole a piena pagina e particolari mozzafiato.
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