Taipi

Taipi

La storia di "Taipi" è vera fino alla cronaca. Melville la visse quando arrivò alle Isole Marchesi dopo un anno e mezzo di navigazione sulla baleniera 'Acushnet': quella navigazione era stata un inferno e la prospettiva di doverla continuare magari per parecchi anni terrorizzava il giovane marinaio. Quando la nave ormeggiò nella baia di Nukuheva la bellezza dell'isola abbagliò il futuro scrittore. Disertò così con il compagno Toby e si ritrovò nella valle dei Taipi - un paradiso terrestre popolato da cannibali. L'Eden di questo libro è dunque reale, non è immaginario; e la vita che vi si svolge è descritta senza reticenze e senza morbosità da un giovane sano che sa viverla con la freschezza preziosa della sua giovinezza. L'irrompente inno alla natura che scaturisce da queste pagine vissute da un ragazzo di ventitré anni e scritte da un giovane di ventisei va molto al di là del romanzo picaresco di cui a volte hanno parlato i critici; e la felicità naturale che esplode dalle ragazze ridenti che sgusciano nell'acqua con lo splendore dei loro corpi (i più belli dei Mari del Sud) supera di gran lunga la compiacenza con cui uno scrittore vittoriano avrebbe potuto descrivere questo mondo felice che stava ormai per essere travolto dallo sfruttamento ipocrita e feroce dei bianchi.
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