Schopenhauer e gli anni selvaggi della filosofia

Schopenhauer e gli anni selvaggi della filosofia

Il destino di Arthur Schopenhauer fu quello di vivere in un periodo che gli permise, come accadde a pochi altri suoi contemporanei, di intrecciare l'esistenza con una stagione fondamentale della filosofia e, più in generale, della cultura tedesche. Nato da una facoltosa famiglia di commercianti, dopo i lunghi viaggi compiuti con i genitori attraverso numerosi Paesi europei durante l'ascesa dell'astro napoleonico, la morte del padre (probabilmente suicida) lo lasciò erede, a soli diciassette anni, di una cospicua fortuna. Dalla giovinezza amburghese all'odiato apprendistato commerciale e ai difficili rapporti con la madre, dalle lezioni berlinesi di Fichte all'incontro con Goethe a Weimar, dalla 'sfida' accademica a Hegel al successo arrisogli soltanto nel crepuscolo della vita, Rüdiger Safranski ricostruisce l'intero arco della biografia schopenhaueriana con grande rigore e una scrittura tesa, incalzante. Egli si addentra con la passione meticolosa di un entomologo nella fitta rete delle relazioni intellettuali, sentimentali e quotidiane da cui nacque un'opera filosofica tra le più affascinanti, intrisa di pessimismo e di suggestioni mistico-orientali, che fu gravida di conseguenze ed esercitò un notevole influsso su artisti e filosofi quali Wagner, Nietzsche, Thomas Mann e altre figure di primissimo piano che, pur molto diverse per orientamento e area di riflessione, a essa in varia misura si richiamarono. Ma il vero protagonista del libro sono 'gli anni selvaggi della filosofia', quel mezzo secolo di storia del pensiero che va da Kant al romanticismo, dall'idealismo a Feuerbach e Marx e che ha il suo centro nella scoperta dell'io: un io che riporta le sue certezze metafisiche sulla terra e trova, insieme alla felicità del 'fare', la vanità delle proprie illusioni.
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