Epitomi notturne. Brevi riassunti di vaste memorie

Epitomi notturne. Brevi riassunti di vaste memorie

«Veneto, nato nella seconda metà del secolo scorso, sono un imprenditore nel mondo delle costruzioni e compaio in questa sede ritenendomi un autore letterario abusivo. Dopo gli studi liceali e le frequentazioni universitarie, ho dedicato la maggior parte del mio tempo ai cantieri, pur cercando di vederne sempre la parte più umanistica. Tuttavia non sono mai venuto meno a molti interessi culturali, con impegno pari al mio stesso lavoro. Tanto da mantenere, probabilmente sine die, quella dimensione di "laureando" che per sola ostinazione del gerundio, non riesco a trasformare, ahimè, in participio passato. Già autore di alcune pubblicazioni, aggiungo questi brevi scritti che non hanno scopo alcuno, se non mantenere immagini ripescate dalla memoria dal traballante bianco e nero che ricorda i vecchi televisori a valvole. Non si accompagnano a niente, raccontano brevi momenti e non appartengono ad alcuno. Ammetto, tuttavia, che alla loro origine non vi siano solo crisi di grafomania, esibizionismo o vanità, probabilmente serve anche un enzima X, non so se presente nei neuroni o nei grandi vasi, fino ai capillari e che gli esami del sangue hanno la bontà di non evidenziare. Nulla tornerebbe dai labirinti del passato, se un silenzioso puntino non diventasse l'improvviso accordo che assume le strabilianti movenze di un ricordo. Una scintilla che converte l'anonimato del consueto in un incontro di luci e ombre. Troppe parole diventano un mantra della noia, allora preferisco rintracciare immagini desuete che esistono comunque ben oltre di noi. Improbabili evidenze che, come la morte, non si mascherano con il sonno. Di quanto ne emerge lascio la porta aperta per non averne le chiavi, osservo le vite che mi circondano, oscillanti come tele di ragno, sapendo ciò che resta della mia, con poche risposte parcheggiate in angoli che servono da vano rifugio. Insofferente a troppi eroi di facciata, che diventano scrittori di ogni cosa, ho la contezza che non sarei stato il peggiore dell'elenco, se solo avessi voluto. Cosciente dei miei limiti, sono stato cresciuto con il coraggio che oppone alla paura le regole del gioco, quelle che durano anche dopo, se solo vi fosse. Scrivo nell'indulgenza del sopravvivere, quando qualcosa mi avvince in un sentire di cui vorrei ampliare le forme di appartenenza. Ciò che conta è l'impressione profonda delle parole, sia pure nella complicata sensazione che può produrre. Qualcuno sostiene che temi e linguaggi, per quanto interessanti, dovrebbero evitare complessi laboratori d'interpretazione, limitandosi a semplici spontaneità. Può essere vero, ma di valutazioni acculturate, corrette o meno, è già saturo il mondo, nell'inflazione di scontate autoreferenze, tutte uguali nei modelli mediatici in voga. Non mi pongo il problema, non devo convincere nessuno, e viceversa. Bastano un rimasuglio di coscienza sulla vulnerabilità di quanto vissuto e un piacere del gioco che non diventi assolutamente inferiore al costo della candela. Altrimenti basta un semplice clic e non serve nemmeno la valigia.»
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