Moschetta. Ediz. critica

Moschetta. Ediz. critica

Angelo Beolco soprannominato il Ruzante (? 1494 - 1542) è senz'altro, tra i grandi autori del Rinascimento, uno dei meno frequentati: ciò si deve in larga misura al mezzo espressivo da lui preferito, il 'pavano', ossia l'ostico dialetto allora persistente della campagna padovana. Al successo in vita delle sue commedie seguì un oblio pressoché totale anche nel Veneto, pur trattandosi di scrittore ben paragonabile, per intensità e potenza espressiva, a Teofilo Folengo o a François Rabelais. Avviatane la riscoperta a metà Ottocento, è iniziato alla fine di quel secolo, grazie a Emilio Lovarini, un lento risarcimento sul piano critico, storico nonché editoriale; eppure, nonostante gli importanti risultati finora raggiunti, tale processo è ben lontano dall'essere concluso per quanto riguarda la disponibilità di testi filologicamente affidabili. Ecco dunque perché, a più di quarant'anni dalla meritoria silloge curata da Ludovico Zorzi, si inaugura con questo volume una serie che offrirà per la prima volta tutte le opere del Ruzante in edizioni critiche corredate di traduzione e di sistematico commento volto a illustrare i testi da ogni punto di vista, a partire dal significato letterale spesso tutt'altro che scontato. Autentico capolavoro è la commedia qui proposta, la "Moschetta", databile con ogni probabilità tra il 1529 e il 1532, e scritta a diretto contatto con il teatro di corte ferrarese guidato in quegli anni da Ludovico Ariosto: lo sprovveduto villano Ruzante, la moglie Betìa, il compare Menato e il soldato bergamasco Tonin vi figurano quali protagonisti di una calibrata vicenda di infedeltà, travestimenti, contraffazioni linguistiche e spietate rivincite. Ma non bisogna credere che la materia tradizionale e la struttura regolare in cinque atti comportino un appiattimento sui modi più scontati della produzione comica cinquecentesca, perché nella "Moschetta" si incontrano ancora, intatti, i grandi temi del "teatro della crudeltà" ruzantiano: la voce imperiosa dei bisogni fisici, l'influenza opprimente del contesto urbano sui contadini, e soprattutto l'arbitrio e la spietatezza che regolano i rapporti tra gli esseri umani.
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