Gli amanti timidi

Gli amanti timidi

Le numerose edizioni settecentesche che s'intersecano l'una con l'altra, la mancanza degli autografi e la vastità dell'impresa di fronte alle cento e più commedie, alle decine di melodrammi giocosi, di drammi per musica e di altri componimenti teatrali, cui si affiancano poesie, prose amplissime di memoria e un cospicuo epistolario, hanno impedito fino ad ora che si affrontasse la questione dell'edizione critica delle opere di Carlo Goldoni. La cultura italiana e internazionale si era rassegnata e accomodata all'ombra della grande, meritoria fatica di Giuseppe Ortolani iniziata nei primi anni del secolo, senza, tuttavia, un chiaro progetto e senza precisi criteri filologici. Alla base di questa edizione nazionale vi è stata una preliminare indagine sulle stampe volute dall'autore dal 1750 agli anni ultimi della sua lunga vita al fine di determinare, opera per opera, i diversi stadi del testo. Da qui la presenza di un ricco apparato di varianti che illustra l'evoluzione della singola opera fino al momento in cui l'autore non impone ad essa una fisionomia definitiva. Consegnati al teatro, i testi, che erano nati per esso, riprenderanno immediatamente il loro cammino nella continua e molteplice dinamica dell'interpretazione che qui viene di volta in volta ricostruita nelle pagine dedicate alla fortuna. Riscrittura di uno scenario composto per i comici parigini del 'Théatre Italien', la commedia "Gli amanti timidi", che appartiene all'ultima fase creativa dello scrittore, riporta in scena come protagonista Arlecchino. Goldoni annoda l'intreccio intorno a oggetti tipici della tradizione dell'Arte, reinterpretandone però la funzione, fino a farne oggetti-metafora. Così, il ritratto di Arlecchino ha, negli "Amanti timidi", una funzione drammaturgica nel suo essere motore dell'azione, ma, in quanto pegno d'amore, è altresì pretesto e strumento di uno scavo psicologico che indaga la relazione d'amore. Oggetto artistico, esso consente all'autore di inserire nella commedia una discussione sulla ritrattistica che si apre a una lettura metateatrale. Il ritratto possiede una valenza magica, di oggetto fatato che pare dotato del potere di mutare natura: con la sorpresa che crea a ogni suo mostrarsi diverso da quel che ci si aspetta che sia, il ritratto diviene metafora del dubbio gnoseologico. A torto giudicata leggera e farsesca, l'ultima commedia goldoniana sull'amore mostra come la "verità" vada cercata al di là delle false evidenze e delle parole che si rivelano inadatte a comunicare i sentimenti.
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