Chôra o dello spazio delle cose

Chôra o dello spazio delle cose

Quando il tempo della filosofia si fa più arrischiato ed ogni esercizio di pensiero rovina sotto il peso di una realtà enigmatica; quando dal più grande dei pericoli non si annuncia alcuna salvezza, quando il tempo della penuria è sovrastato dalla penuria del tempo che tutto cattura e getta nel vortice del mondo, alla filosofia non resta altra risorsa che dire anche contro se stessa. Si tratta di un gesto antico, che la filosofia già una volta osò, e lo fece nella maniera più esposta, richiamando la più inquietante esperienza della propria origine. Nel Timeo, introducendo la nozione di chóra, Platone non si nasconde la difficoltà con la quale ha da misurarsi: ogni termine adoperato ne richiama altro ed opposto, quasi che per dirsi necessiti di contra-dirsi, segnando anche la storia delle interpretazioni che, appoggiandosi ora a questa ora a quella parte, ne hanno per lo più svuotata la potenza. Ma il gesto di Platone è ben più radicale delle successive interpretazioni: la chóra è il dio assente che si fa luogo al farsi spazio delle cose. Nel tempo del compiuto nichilismo, nuovamente tempo del dio assente dopo l'annuncio della morte di dio, il gesto platonico ci invita a tornare alle cose e al loro farsi spazio nello sguardo dell'uomo.
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