Il primo quarto di luna

Il primo quarto di luna

Una mattina d’inverno guardandosi allo specchio Saverio scorge sul proprio volto «un’ombra di losca malinconia» che lo convince a non alzarsi mai più dal letto. Il suo taxi quasi nuovo, che con tanti sacrifici è riuscito ad acquistare, rimane parcheggiato sotto casa. Madama Cernaia non si capacita del malanno che ha colpito il figlio, e chiede risposte ai suoi tarocchi; l’anziano zio Nino, che abita con loro, cerca di ricondurlo alla ragione e intanto beve; il pappagallo Gioachino, indifferente al dramma che si sta consumando, continua a inveire contro il tango. Ma tutte le loro parole non hanno più presa sul ragazzo, che ineluttabilmente comincia a sparire. Inizia così la sua parabola onirica: Saverio perde consistenza, assorbito in una dimensione interstiziale e sempre più astratta, e l’unica persona che non sembra turbata dalla sua progressiva evaporazione è Diana, la leggiadra venditrice di saponi che bussa un giorno alla sua porta e senza ragione decide di restare. In una Torino oscura e fantasmatica, popolata di ladri e di spettri che si passano accanto come navi nella notte, la fuga dal mondo di Saverio apre il varco per un altrove che lui brama senza saperlo descrivere, un luogo dove la morte potrebbe non esistere e c’è «un profumo d’erba bagnata, solo d’erba bagnata. E voglia di ridere sempre»
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