L'ultima internazionale. I situazionisti oltre l'arte e la politica

L'ultima internazionale. I situazionisti oltre l'arte e la politica

Critico radicale delle avanguardie storiche - del surrealismo in particolare - e delle estetiche moderniste, il situazionismo ha finito per condividerne il deprecato esito, ossia l'annessione all'ordine dell'esistente, all'intrascendibile orizzonte della merce. Come il manto della Vergine in certa iconografia medievale, anche l'ecumenica 'società dello spettacolo' ha saputo offrire ricovero a tutti, in primo luogo a coloro che si volevano antagonisti: le loro ragioni si prestavano ottimamente a inscenare l'ennesimo, godibile spettacolo, quello rivoluzionario della critica dell'arte e della politica. A quasi tre decenni dall'autoscioglimento dell'Internazionale situationiste - l'ultima Internazionale del secolo -, ancora ci si interroga su una sconfitta che ci riguarda da vicino, e infuriano le riletture, si accaniscono gli schieramenti, mentre viene consegnato all'agiografia il suo maggior teorico, Guy Debord. In controtendenza rispetto al politicismo che oggi prevale nei giudizi sullo stile insurrezionale dei situazionisti, Marelli riscopre la loro vera originalità nel punto di partenza, poi eclissato dalla successiva dottrina spettacolarista: l'idea di 'costruire situazioni', di allestire un 'habitat' per l'"illimitato dispiegamento delle nuove passioni", di sperimentare l'aldilà dell'arte attraverso un urbanismo che sovverta le forme di esistenza e ridia estro alla vita quotidiana.
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