L'Ebreo errante è arrivato

L'Ebreo errante è arrivato

"Ogni nazione ha una sua immagine... Ma per il popolo ebraico ci vorrebbe un'immagine cubista: le braccia da una parte, la testa dall'altra, le gambe in un angolo e niente tronco". Quando Londres compie, per conto del giornale "Le Petit Parisien", la sua ricognizione di quelle sparse membra corre l'anno 1929 dell'era cristiana. Ma è anche il 5690 del calendario ebraico e l'anno X del sionismo. Partito dal Jeury londinese, si dirige là dove la non contemporaneità degli ebrei appare subito come un duplice dramma: nell'Europa Orientale e in Palestina. Lungo le pendici desolate dei carpazi, dentro i tuguri della transilvania, della bessarabia, della bucovina, della Galizia, sulle strade ancora ferite dai pogrom dei cosacchi, e nel cuore di Varsavia-Sion che è il vero ghetto del mondo.Se lo sguardo mobilissimo di Londres non rinuncia alla coloritura, al dettaglio pittoresco e sa essere insieme ironico ed empatico, diventa magistrale nel cogliere la comunanza di quelle vite offese, si tratti del disertore del ghetto, ossia dell'intellettuale poliglotta cresciuto alle sottigliezze della scuola talmudica e oramai laicizzato, o dell'accattone devoto che vagabonda mitemente, da eterno Ebreo errante, o del pioniere che rientra, pieno di ardore incondiviso, dalla terra promessa. Ed è laggiù in Palestina, nel vivo del progetto sionista della neonata Tel Aviv, e a Gerusalemme, Hebron, Safed, che Londres registra il 'dramma dell'idealismo' alle sue prime battute cruente. Un caleidoscopio di circostanze, ambienti, figure da rileggere oggi con l'emozione di scoprirvi le fulminanti precognizioni delle tragedie che si stavano approssimando.
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