Somatic experiencing. Esperienze somatiche nella risoluzione del trauma

Somatic experiencing. Esperienze somatiche nella risoluzione del trauma

"Una mattina, all'inizio del 2005, uscii di casa e mi immersi nel dolce clima sudcaliforniano. Una brezza gentile, calda e delicata, dava brio al mio passo. Era l'inizio di un giorno perfetto, uno di quei giorni in cui sei sicuro che nulla possa andare storto, che nulla di male possa accadere. Camminavo assorto, e avevo appena messo piede sulle strisce pedonali, quando...". Peter Levine, un attimo dopo, fu investito da una macchina, soccorso e portato in ospedale in ambulanza. Ne riportò danni non gravi, ma soprattutto si rese conto che aveva messo in atto, istintivamente, dei meccanismi autodifensivi di reazione al trauma, grazie ai quali aveva evitato di sviluppare un disturbo post-traumatico da stress. Tutto ciò era avvenuto ascoltando la 'voce silenziosa' del corpo, cioè assecondando, invece di inibire, le reazioni spontanee del corpo in risposta al trauma, e traendo beneficio dalla presenza affettiva di una donna che si era fermata a prestare soccorso. Si tratta in effetti dei principi che sono oggi alla base del metodo da lui elaborato, noto come "Somatic experiencing": il terapeuta deve, da una parte, creare un ambiente sicuro che faccia sentire il paziente al riparo e, dall'altra, sollecitare l'espressione fisica ed emotiva delle reazioni istintive al trauma. L'idea di fondo è che il trauma non sia una malattia da curare, ma una reazione spontanea dell'essere umano a eventi dolorosi, radicata nell'istinto di sopravvivenza, e che vada attraversato per giungere a una risoluzione.
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