Giornale di metafisica (2020). Vol. 2: Risorse critiche dell'ermeneutica.

Giornale di metafisica (2020). Vol. 2: Risorse critiche dell'ermeneutica.

La svolta ermeneutica della filosofia, che nella seconda metà dello scorso secolo sembrò imporsi con tale autorevolezza sugli scenari del dibattito mondiale da giungere a configurare una sorta di koinè del pensiero speculativo, conosce oggi una più incerta fortuna. Senza aver sopportato l'onere di un preventivo e adeguato assedio, alcuni contrafforti, che apparivano inespugnabili, vacillano all'intrecciarsi di nuove alleanze fra discipline, metodi, interessi antichi e recenti della ricerca filosofica. La rinascita della ricerca metafisica su un crinale che non la vede più in un rapporto di rivalità con la grande tradizione dell'empirismo moderno, ma anzi, a volte, ne favorisce l'intesa, sembra rimettere in piedi il sogno sei-settecentesco di un progresso lineare nella ricerca speculativa, simile per alcuni versi a quello della ricerca empirica e in grado di dialogare efficacemente con quest'ultima. Lo sviluppo dell'odierna filosofia della mente lungo i sentieri di ricerca tracciati dalle neuroscienze e dalle scienze della vita toglie spazio alle forme ormai "classiche" di analisi del linguaggio legate alla cosiddetta svolta pragmatico-linguistica. I tempi della "via lunga" di Ricoeur scivolano silenziosamente alle nostre spalle, mentre la stessa fenomenologia, che aveva costituito sia teoricamente che storicamente il coté di riferimento privilegiato della svolta ermeneutica nata, con Heidegger, nel suo seno, sembra ravvisare nelle scienze cognitive un fronte di interlocuzione più fecondo. Resta da vedere in che modo e con quale incidenza trovano spazio nel nuovo panorama di pensiero alcune acquisizioni che apparivano e ancora oggi appaiono a molti irrinunciabili, come la configurazione dell'essere come "evento", la sua finitezza, la sua costitutiva storicità i tratti architettonici, insomma, su cui si regge il nesso del rinvio reciproco fra verità e interpretazione, fra segno ed evento, fra parola e azione. Non è un caso che anche la laboriosa pars destruens della svolta novecentesca, incentrata sulla critica del pensiero oggettivante e sulla messa in mora della rigida dicotomia tra fatti e interpretazioni, perda mordente e su di essa pesi anzi il sospetto di alimentare una deriva nichilistica che volge le spalle alla solidità del reale.
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