Henri Bergson

Henri Bergson

Allievo di Bergson, Vladimir Jankélévitch, in quest'opera, pubblicata nel 1959, espone sistematicamente, in una prosa fine e sapiente, il pensiero del Maestro. I temi cardine del pensiero bergsoniano – l'intuizione e la durata, il tempo e la memoria, il possibile, la libertà, l'anima e il corpo, la vita, l'eroismo e la santità – sono qui trattati mostrando originali soluzioni filosofiche delle aporie che hanno angustiato la metafisica occidentale: essere/divenire, uno/molti... La vita e il suo multiforme divenire non sono più, in Bergson, contrapposti a un fisso e identico essere, ma la vita è l'essere in quanto diviene. «Per la prima volta – scrive Jankélévitch – nella storia delle dottrine il mobilismo non esprime più la condizione infelice della creatura ... il languore volge in gioia quando la creatura, cessando di guardarsi come esiliata nel bel mezzo del divenire eracliteo, riconosce nel cambiamento la sua vera patria e la sua sostanza». In questo disvelare un senso positivo del divenire, la filosofia di Bergson, dice Jankélévitch, è anche una filosofia della libertà inaspettatamente affine alle parole bibliche dei Profeti: «La parola gioia è una parola tanto importante in Bergson quanto nei Profeti: la gioia che fa danzare gli uomini ... non appartiene prima di tutto alla liberazione ossia alla operazione della libertà? Tale liberazione è infinita».
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