Dovevo morire da vedova nera (38 vol.)

Dovevo morire da vedova nera (38 vol.)

Raissa non sa cosa fosse la vita prima che la paura tingesse le strade, i muri, l'aria. Non lo sanno le sue sorelle. Ormai neppure sua madre lo ricorda più. Quasi nessuno ricorda cos'era la Cecenia prima che troppi anni di odio aggredissero come un cancro le tradizioni di un popolo. I soldati russi che opprimono, torturano, uccidono, radono al suolo città. I giovani ceceni che non conoscono che guerra, violenza, terrore. E vendetta. In quei villaggi sventrati, dove i ragazzi non vanno più a scuola e ogni famiglia piange la morte di un padre, un fratello, un figlio, il fondamentalismo islamico ha sfruttato il rancore e l'ignoranza per deviare gli usi di una società tradizionalista verso il delirio della jihad. Raissa ha due sorelle, Hejda e Medina. E Medina ha preso marito, Malik. Solo ieri si è sposata e oggi è qui di fronte ai soldati che cospargono di benzina suo marito, accendono un cerino e la costringono a guardare. Ieri era una sposa. Oggi è una vedova. Non basta. Non può bastare urlano i fratelli. La spirale della vendetta va percorsa, fino in fondo. Questione di onore, e di soldi. Medina ed Hejda devono diventare Vedove Nere. Ingannate. Plagiate. Programmate. Trasferite a Mosca e messe a lavorare in un teatro. Non sanno bene quale sarà il loro destino. Fino a che un giorno, in quel teatro colmo di gente, verrà ordinato loro di indossare la cintura di kamikaze. E poi, poi toccherà anche a lei, a Raissa, così hanno deciso. Ma questa volta il finale non è scritto.
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