Viaggiatori paganti

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Galleria del Corso a Milano: un indaffarato viavai di musicisti in cerca di fortuna e di agenti pronti a offrire un contratto. Sono gli anni Sessanta e Matteo Monti, detto Teo, ama sedersi al tavolino di un bar quando la Galleria comincia ad animarsi, in tarda mattinata, ed è più facile incontrare una faccia amica, magari proprio qualcuno con cui lui ha suonato. Sente forte il richiamo della musica, ce l'ha nel sangue sin da bambino, quando, aggrappato alla ringhiera di una casa popolare nella Torino anni Trenta, ascoltava rapito l'uomo che arrivava in cortile col carretto e azionava un pianoforte a manovella. Ora Teo ha più di trent'anni, e ha trascorso gli ultimi dieci in giro per il mondo, a suonare in orchestra, nei locali notturni; non gli sarebbe difficile procurarsi un nuovo ingaggio, ma è stanco di quella vita randagia, e di quelle esibizioni fatte solo per guadagnare. Lui, che ama il jazz e le sonorità ricercate, non vuole piegarsi alle mode, e se deve continuare a fare musica, sarà solo per passione. Per cominciare una nuova vita e cercarsi un lavoro qualsiasi, purché stabile, ha scelto Milano. Ha deciso di puntare tutto sulla "Grande Città", che lo ammalia con la promessa di mille chance. È partito da Torino con i soldi contati, una chitarra, e una Olivetti 22 buona da vendere in caso di necessità. Ma anche con la rabbia di chi non è stato accarezzato dalla sorte: un destino che gli ha rubato l'infanzia per mano della guerra, con le sue atrocità e la sua follia.
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