Il castello di Crowley

Il castello di Crowley

"E'... durante il periodo di riposo a Eastbourne che Elizabeth Gaskell, curiosa delle leggende locali cui tante volte aveva attinto in passato per le sue short stories, compone quella che non solo è probabilmente la sua ultima storia ma anche un inconsapevole, ideale congedo da forme e temi che per anni avevano costituito il riferimento obbligato dei suoi racconti. "Il castello di Crowley" ricalca uno schema che il lettore vittoriano ben conosceva: la visita alle vecchie rovine di un maniero normanno, l'anziano abitante del luogo che fa da guida, il ritratto, una storia ricostruita a frammenti, la cornice narrativa che sposta la narrazione indietro, lontana dall'attualità... Dentro le sue mura si nasce e si muore, ad esso si fa ritorno dopo essersi inoltrati lontano, nel vasto mondo dell'esperienza: avendo completato con il grand tour il rituale guidato e codificato dell'educazione maschile, come fa Marmaduke Brownlow; avendo invece inevitabilmente sbagliato nella frivola, dissipata e femminile società francese, come accade a Theresa. In tre momenti soltanto Elizabeth Gaskell permette al racconto di aprirsi su altri scenari, sottraendolo all'imperiosa presenza del castello: la Parigi magnifica e stracciona di Luigi XV, con le sue viuzze strette, le risse per strada, le vite dei 'salons'; la Londra di Grosvenor Square, dove brilla l'effimero sogno di emancipazione di Theresa; e infine, l'ampio respiro della costa inglese, verso Dover, segnata dalla corsa disperata della protagonista verso la condanna del silenzio... Tutto il resto, dicevamo si consuma dentro le mura del castello... La sua è una presenza terribile proprio perché del tutto strumentale: essa accoglie, e riverbera, il sinistro "romanzo familiare" che fra le sue mura viene messo in scena."(Benedetta Bini)
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