Elogio del fallimento. Quattro lezioni di umiltà

Elogio del fallimento. Quattro lezioni di umiltà

Dobbiamo prendere sul serio il fallimento. Basta con il culto del successo, con le storie di persone che ce l’hanno fatta, con l’idea che siamo tutti destinati a grandi cose. «Pare non ci sia niente di peggio al mondo che fallire – la malattia, la sfortuna, persino la nostra stupidità congenita sono nulla al confronto. Eppure il fallimento merita di più.» Da qui inizia la lunga esplorazione di Costica Bradatan tra i meandri della fallibilità umana. «Siamo, a tutti gli effetti, quasi niente.» Ciò che facciamo nella vita – che ne siamo consapevoli o meno – è un tentativo di affrontare il malessere che nasce quando comprendiamo la nostra condizione di prossimità al nulla. Non possiamo far finta di non sapere che quel lampo di luce che è la nostra vita esiste tra due istanti di tenebra e che ciò che ha avuto inizio è destinato a una fine. Bradatan analizza i diversi ambiti del fallimento: fisico, politico, sociale e biologico. Nel corso della storia vari pensatori si sono allontanati dalla spinta ossessiva verso il successo mondano per fare i conti con la disfatta, ed è proprio da loro che il filosofo inizia il suo elogio. Simone Weil mal tollerava le storie felici e si sentiva sempre «fuori posto». Il Mahatma Gandhi ricordava sempre a se stesso: «Posso imparare solo quando inciampo e cado e sento il dolore». Emil Cioran considerava l’inazione l’unica risposta logica a un’esistenza priva di senso.
Disponibile in 5 giorni lavorativi Ordina libro

Dettagli Libro

Libri che ti potrebbero interessare