L'epopea di Gilgames

L'epopea di Gilgames

Con Gilgames, almeno millecinquecento anni prima di Omero, si manifesta la figura dell'eroe nella letteratura, una volta per sempre. Campeggiante fra cielo e terra, confitto in una macchina cosmica che appunto in Mesopotamia venne perfezionata, è il primo personaggio, la prima voce di singolo che ci parla. Per due terzi divino, per un terzo umano, Gilgames re di Uruk vuole ciò che vorrebbero tutti gli eroi: vincere il mostro. Ma l'eroe evoca naturalmente un doppio, un rivale che diventerà il compagno per eccellenza: e allora appare Enkidu, l'uomo che lascia la vita selvaggia per seguire l'eroe e trovare la morte. I mostri che i due amici avevano ucciso insieme non erano dunque i soli, né i più forti. Dietro di essi, si propone un'altra sfida: la morte. Così Gilgames affronta, ormai solo, l'impresa al di là di ogni impresa: la conquista dell'immortalità. Tutti gli episodi di questa epopea - i viaggi, gli scontri, le seduzioni, gli inni, i lamenti - rimangono come modello per ogni letteratura. Ogni volta che qualcosa di simile ci viene raccontato, sentiamo dall'oscurità la voce della storia di Gilgames, il "re che conosceva i paesi del mondo". E ricordiamo: "Egli era saggio: vide misteri e conobbe cose segrete: un racconto ci portò dei giorni prima del diluvio. Fece un lungo viaggio, fu esausto, consunto dalla fatica; quando ritornò, su una pietra l'intera storia incise".(Traduzione di Alessandro Passi).
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