Pietra lunare. Scena della vita di provincia (La)
"La pietra lunare si apre su una ""scena della vita di provincia"" grottesca e quasi allucinata, di quelle in cui l'autore delle ""Due zitelle"" era maestro. ""Dal fondo dell'oscurità"" il protagonista si sente guardato da ""due occhi neri, dilatati e selvaggi"" che lo gettano nello stupore e nel terrore. E al tempo stesso egli non può fare a meno di cogliere ""un volto pallido, dei capelli bruni, un seno abbagliante e scoperto a mezzo"". Così ci appare Gurù, la fanciulla-capra, che presto condurrà Giovancarlo e il lettore fra i ""lunari orrori"" di creature diafane, fantomatiche, e fin nelle viscere della terra, nel regno arcano delle Madri, svelandosi come mistagoga di una iniziaizione erotica. Il mondo sembra subito spartirsi in due specie di realtà, ostili e dissonanti. Una è quella della vita gretta che si raccoglie intorno al desco familiare, impregnata di un ""odore pesante d'avanzi di lavatura di piatti e d'insetti domestici"". L'altra è quella che con la luna si annuncia nel cielo, là dove ""succedono cose strane, e meravigliose"", dove ""ci sono cose che corrono navigano girano per conto loro mentre noi dormiamo"". E si può dire che tali due realtà corrispondano ai registri fondamentali dell'opera di Landolfi quale si prefigurava con nettezza in questo suo primo romanzo, anno 1939. (A cura di Idolina Landolfi)"