Apollo con il coltello in mano. Un approccio sperimentale al politeismo greco

Apollo con il coltello in mano. Un approccio sperimentale al politeismo greco

Secondo un perentorio asserto di Winckelmann, la rappresentazione di Apollo "esige lo stile più elevato: un innalzamento al di sopra di tutto ciò che è umano". E questa canonizzazione di Apollo - dio della luce, della ragione e della purezza - trova certo illustri riscontri in numerose opere dell'antichità classica ed ellenistica: a cominciare dalle "Odi" di Pindaro, per continuare con i "Dialoghi" di Platone, fino agli "Inni" di Callimaco. Tuttavia, dietro il volto luminoso e rassicurante si nascondono la lama insanguinata di un coltello, l'impurità della malattia e la dissoluzione della morte. Le tracce sono semicancellate dal tempo, ma si scorgono ancora: innanzitutto nei riti e nelle pratiche religiose. Ma anche nella letteratura: dai poemi di Omero fino all'"Orestea" di Eschilo, ecco apparire un altro Apollo, latore implacabile di pestilenze e di lutti, avido di stragi, compiaciuto dei suoi altari cruenti, impastati di cenere, sangue e umori. La pista dunque era già tracciata, dai primi passi di Apollo sul suolo di Delo fino al suo braccio armato di coltello che si staglia minaccioso sullo sfondo innevato del Parnaso. Certo, occorreva un maestro per riconoscerla: e Marcel Detienne, meglio di chiunque altro, riesce a condurci nei più segreti recessi del dio "simile alla notte", attraverso le pagine di questo mirabile saggio che, senza mai perdere l'impeccabile rigore documentario, offre, in virtù della vivezza coinvolgente della prosa, la grazia di un'appassionante lettura. "Apollo con il coltello in mano" è apparso per la prima volta nel 1998.
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