Sventura lontana. Saggio sulla compassione

Sventura lontana. Saggio sulla compassione

Nel "Papà Goriot" di Balzac lo studente Rastignac chiede all'amico Bianchon, citando un passo di Rousseau, che cosa farebbe se potesse uccidere un vecchio mandarino in Cina con la sola forza di volontà, e diventare ricco. Dietro l'apparente provocazione, la domanda cela uno dei nodi più inestricabili della morale di ogni tempo, e troverà due risposte antitetiche: se Bianchon afferma che non ne sarebbe capace, Rastignac ribatte che la vita, talvolta, porta necessariamente a tentare l'estremo - ed enuncia così, una volta per tutte, la sua visione di arrivista 'désabusé'. Ma invano il lettore cercherebbe nelle opere di Rousseau il passo in questione: la 'parabola del mandarino', che di lì in poi assunse un valore proverbiale, è infatti un'invenzione di Balzac, che dimostrò tuttavia grande acume letterario e filosofico nel riferirla a un pensatore e a un periodo in cui il dibattito sull'egoismo umano e sui suoi limiti era pervenuto a interrogativi capitali, cui facevano riscontro tesi opposte. Quel relativismo morale che sembra dar luogo a "un'etica della vicinanza e a un'etica della lontananza", ingombrante tema di riflessione già a partire dall'epoca delle grandi scoperte geografiche e delle conquiste coloniali, diventava allora il terreno di un confronto filosofico destinato a protrarsi nel tempo, e oggi ben lungi dall'essersi concluso. Henning Ritter, prendendo le mosse dalla paradigmatica 'parabola del mandarino' - di cui individua significativi antecedenti e varianti -, ripercorre con rara capacità analitica le tappe di quel confronto a distanza: da Montaigne a Pascal, da Voltaire a Diderot, da Sade a Adam Smith, da Chateaubriand a Dostoevskij fino a Freud, Bergson e Junger, in un itinerario che non teme di inoltrarsi "in una zona impervia, posta al di là delle certezze morali".
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