Immagini dell'Italia. Vol. 1: Venezia-Verso Firenze-Firenze-Città toscane.

Immagini dell'Italia. Vol. 1: Venezia-Verso Firenze-Firenze-Città toscane.

Da Puškin a Mandel’štam a Brodskij, la letteratura russa ha continuato a sognare, evocare, scoprire l’Italia. E nessuno meglio di Pavel Muratov – che vi giunge nel 1907, subito avvertendo un «turbamento dello spirito, dolce fino al malessere», e fra il 1911 e il 1912 pubblica, con enorme successo, Immagini del­l’Italia – può svelarci le ragioni di questa «italomania». A Venezia, spiega, «noi beviamo il vino dell’oblio ... Tutto quanto è rimasto alle nostre spalle, tutta la nostra vita precedente diviene un fardello leggero». E gli artefici del Rinascimento gli appaiono «semidei», «eroi del mito», un antidoto al­l’«accidia della vita russa», a Dostoevskij e Tolstoj. Non a caso nel 1923, invitato a Roma per una serie di conferenze, lascerà per sempre la Russia. «Apparteneva a quella schiera di scrittori come Ruskin e Walter Pater,» ricorda l’amico Sciltian «e aveva più sensibilità e talento di Berenson». Ma non è la sconfinata cultura che apprezzavano Savinio e De Chirico, De Pisis e Longhi a rendere, ancor oggi, la lettura di Muratov una rivelazione. Né l’influsso di Pater, Stendhal e Gogol’. Semmai, il suo procedere per folgorazioni lungo un pellegrinaggio che diventa «ricerca delle proprie radici spirituali» (Petrowskaja); la sua capacità di trasmetterci la vita delle opere d’arte; lo sfavillio delle ecfrasi e l’incanto di una lingua in virtù della quale una guida si trasforma in un «libro poema»; l’inclinazione a restituire atmosfere ed epoche attraverso la letteratura: da Casanova alla Divina Commedia, da Gozzi a Webster, miracolosamente prossimo alla «saggezza algida e scettica» del Cinquecento.
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Recensione del libro fornita da lottavo.it

Di Geraldine Meyer

Probabilmente la chiave di lettura, o una delle chiavi di lettura di questo straordinario, coltissimo e lirico Immagini dell’Italia di Pavel Muratov, è proprio nel titolo. Immagini dell’Italia e non dall’Italia suggerisce, evoca qualcosa scritto non come rivolto a un destinatario a cui far giungere qualcosa da un luogo ma, semmai, come qualcosa che ha come destinatario colui che scrive, in primis. Immagini dell’Italia come uno sguardo reciproco, come un guardare guardandosi...

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