Sindacato sul potere pubblico e attivismo giudiziale
Nell’evolversi della giustizia amministrativa, che si vuole sempre più protesa a garantire l’effettività della tutela dei cittadini, viene ormai demandata al giudice un’opera di composizione di tutti quei conflitti che né la legge né il procedimento riescono compiutamente a sciogliere. L’osservazione della casistica giurisprudenziale mostra tuttavia come, con una certa frequenza, si diano ipotesi in cui la discrezionalità interpretativa rischia di sconfinare in forme controverse di supplenza giudiziale verso il legislatore e di surrogazione della funzione giurisdizionale con quella amministrativa. Questa indagine muove dalla necessità di non trascurare la possibile significatività strutturale di tali fenomeni che si ritiene possano ascriversi, in senso critico, all’«attivismo giudiziale». L’obiettivo più ampio della riflessione è quindi comprendere se l’antica formula per la quale «giudicare l’amministrazione è sempre amministrare», dopo essere stata diluita e storicizzata, riportando a una visione del giudice amministrativo, al più, quale produttore di canoni integrativi delle fonti e guida «implicita» dell’amministrazione, non si stia oggi declinando come spinta allo spostamento dell’asse propriamente decisionale dal procedimento (finanche legislativo) al processo.
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