Amin

Amin

Nel corso di una serata mondana, nella Algeri dei giorni nostri, Djamel B., scrittore noto ma a corto di ispirazione, viene avvicinato da un misterioso ammiratore, Amin, che gli propone con insistenza di scrivere un romanzo, trasponendo in finzione narrativa fatti, persone e situazioni reali di cui lui ha conoscenza diretta. Piuttosto scettico, ma incuriosito, lo scrittore accetta d’imbarcarsi in quest’avventura ed entra in contatto con una fauna temibile e grottesca di uomini e donne che gestiscono affari equivoci e apparati corrotti dello Stato. Intanto, malgrado le cautele, dilagano le voci del presunto «romanzo esplosivo» e il serraglio di affaristi e potenti senza scrupoli entra in fibrillazione con esiti sorprendenti... Se "Lo specchio vuoto" – il romanzo precedente di Samir Toumi – squadernava nel tormento della cancellazione dell’identità il travaglio dell’Algeria contemporanea, Amin ci porta al di là dello specchio, dentro un’invenzione che chiama in causa, con la cronaca e la storia, le ragioni stesse del narrare, la responsabilità dello scrittore, la sua capacità di visione o di cancellazione. Algeri, teatro-mondo anche di questo romanzo, appare qui per frammenti, squarci dello specchio. Balugina e segna gli snodi della trama. È ferita da cui filtrano realtà e immaginazione. È lingua dello sguardo che traduce in quella dell’autore la lucida malinconia e la scelta di raccontare la bellezza e l’inferno dei nostri luoghi, del nostro tempo.
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