Il capanno nero

Il capanno nero

Composto con l'inquietante precisione di un thriller e la delicatezza struggente di una storia intima, Il Capanno nero narra di una vita segnata per sempre da un singolo evento catastrofico, e del modo in cui, attraverso l'arte, sia possibile esorcizzare il dolore e convivere col proprio passato.«Il senso di colpa e il potere di un grande amore in un romanzo impeccabile» – De Standaard«Oek de Jong ha scritto un classico» – De Groene AmsterdammerAllo Stedelijk Museum di Amsterdam apre i battenti una grande retrospettiva del pittore Maris Coppoolse annunciata da settimane di intensa campagna pubblicitaria. Cinquantanove anni, l'accento che ne tradisce le origini zelandesi e la figura imponente, Maris espone in ben quindici sale il lavoro di mezza vita. In poco tempo accorre una gran folla e, di lì a poco, il pittore stesso con una troupe televisiva al seguito. Impossibile sottrarsi al rituale che vuole l'artista immortalato dinanzi ai quadri più importanti. Al cospetto di Drowning, un dipinto molto grande di un vivido blu, da cui spunta la figura di una giovane donna avvolta in una corda, Maris esita. Palesemente a disagio, si passa una mano sulla bocca, china il capo. Madido di sudore, si affretta a illustrare l'origine e la composizione del dipinto. Poi, mentre si sposta tamponandosi il viso con un fazzoletto, riconosce tra i presenti il giornalista di una nota rivista che sta scrivendo un articolo su di lui. Vede che lo sta osservando e si sbriga a distogliere lo sguardo. Qualche giorno dopo la rivista è in tutte le edicole. In copertina c'è Maris, ritratto nel suo atelier, con la camicia imbrattata di colore, e di traverso le seguenti parole: MARIS COPPOOLSE: A VITA. Non c'è bisogno di fare congetture sul contenuto del pezzo: la rivista ha finalmente trovato un motivo per mettere un pittore in copertina, e non certo per la sua opera. L'articolo è di otto pagine, ed è evidente che il giornalista ha rinunciato al suo proposito iniziale, quello del reportage, scrivendo invece un pezzo d'inchiesta che scava nel passato dell'artista e tira fuori «la storia di un'ossessione». Una storia risalente a quarantacinque anni prima, accaduta su un'isola, quando Maris aveva solo quattordici anni. Una storia di cui lui non ha mai parlato: la tragica vicenda di una ragazzina trovata morta in un capanno di campagna, dopo che ci era andata con lui una domenica pomeriggio. Una storia capace di ridurre in cenere tutto ciò che Maris ha faticosamente costruito nel corso degli anni. Composto con l'inquietante precisione di un thriller e la delicatezza struggente di una storia intima, Il Capanno nero narra di una vita segnata per sempre da un singolo evento catastrofico, e del modo in cui, attraverso l'arte, sia possibile esorcizzare il dolore e convivere col proprio passato.COME COMINCIANel taxi stavano in silenzio. L'asfalto si asciugava emanando vapore, i finestrini mezzo aperti lasciavano entrare un'aria caldo-umida. A un semaforo tre ragazze attraversarono la strada ridendo, bagnate di pioggia, i vestitini incollati addosso. Il taxi procedeva lentamente per le vie di Amsterdam nell'ora di punta serale, il tassista si poggiava annoiato allo sportello. Maris guardava fuori e aspettava. Aspettava il momento giusto per dire qualcosa a Fran, qualcosa di banale. Si stavano entrambi riprendendo dalla tempesta dell'ultima ora. Lui intanto si sporgeva in avanti per non toccare con la giacca e la camicia lo schienale del sedile. Non era il caso di scendere con una chiazza scura sulla schiena. Con la coda dell'occhio guardò Fran, che fissava un punto davanti a sé. Indossava un vestito di seta giallo ocra e aveva tirato su i capelli, folti, di un biondo scuro, in cui aveva intrecciato un foulard colorato. La giacca in tinta con il vestito era adagiata sulle spalle. Sentiva di dover ancora smaltire il nervoso, ma vedendo l'espressione tormentata sul volto di lei non riuscì a far finta di niente. Anche quando litigavano, quel volto gli faceva sempre un certo effetto. Tornò a guardare la città che scivolava via. Quando il taxi riuscì finalmente a prendere velocità e attraversò una profonda pozzanghera, nell'acqua che schizzò in alto riuscì a scorgere l'enorme manifesto sullo spazio pubblicitario. Da una settimana la città era tappezzata di manifesti con un dettaglio di uno dei suoi quadri. Erano grandi diversi metri, troppo per i suoi gusti, e tendeva a starne alla larga. Sul momento quella visione lo intristì, come se fosse tutto finito, ora che la sua opera era affissa in pompa magna, come se il mondo se ne fosse brutalmente appropriato e adesso non appartenesse più a lui.
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