Di nuovo avanti

Di nuovo avanti

È questo il racconto di una scommessa. Di come il più giovane segretario del Partito Socialista Italiano ha immaginato di riportare in edicola tra i più antichi giornali d’Italia (1903). È il racconto di un anno di politica. Delle urgenze che settimanalmente sedimentavano nella vita politica del Paese e che Enzo Maraio ha raccontato dalle colonne dell’Avanti della domenica. L’Italia che a fatica si riprende dalla pandemia, della sinistra sconfitta alle ultime elezioni politiche, della destra illiberale che a picconate tenta di buttare giù lo stato sociale e le conquiste dei diritti civili. Ogni editoriale è la fotografia di un momento storico. Ma sono anche le fondamenta gettate nel Paese per immaginare la nascita di un grande Partito Socialdemocratico. Così come c’è nella Spagna di Sanchez, in Germania, in Finlandia, fino al Portogallo. Nel nostro Paese, invece, la sinistra è rappresentata dai “progressisti”, che, nell’ultimo trentennio, hanno espunto dalla loro tradizione identitaria (e dal loro vocabolario) la matrice socialista. Eppure, i socialisti sono stati il motore della modernizzazione; e forse non è un caso che la crisi delle istituzioni, l’aumento delle diseguaglianze, la perdita di protagonismo internazionale dell’Italia abbiano coinciso con l’assenza di un grande partito socialista. Emerge così l’esigenza di aprire un confronto con tutte le anime della sinistra – ambientaliste, riformiste, laiche, democratiche, europeiste e socialiste – per definire le priorità del mondo nuovo. Che per il segretario Maraio sono «rispondere ai bisogni, rafforzare le libertà individuali, considerare prioritari i diritti sociali accanto a quelli civili, battersi per ciò di cui la sinistra non parla più: il lavoro, non come surrogato di politiche assistenzialiste che sviliscono la dignità delle persone; il merito, chiave per sbloccare l’ascensore sociale fermo da tempo; le nuove povertà». Insomma, una sinistra socialdemocratica è possibile solo se «la sinistra resisterà al fascino del populismo, abbandonerà il massimalismo giustizialista, preferirà l’etica pubblica al moralismo. Se coniugherà la competitività delle nostre imprese col lavoro, e promuoverà una coalizione plurale, finalmente, aperta ai valori del socialismo che hanno reso l’Italia più giusta».
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