Kalashnikov, il fucile del popolo. Scenari di un'arma senza frontiere

Kalashnikov, il fucile del popolo. Scenari di un'arma senza frontiere

Settanta milioni di esemplari attivi sparsi nel mondo: semplicità d'uso, basso costo, resistenza e una scarica micidiale di 650 colpi al minuto ne fanno l'arma da fuoco più diffusa e popolare. Era il 1947 quando un sergente sovietico presentò l'invenzione che ne avrebbe ereditato il nome. Destinato alla produzione bellica, da allora, l'Ak47, meglio noto come kalashnikov, è stato al centro di ogni conflitto. Nel 1956 a Budapest è il braccio della repressione, in mano ai vietcong segna la disfatta statunitense, fra i sandinisti è l'arma della liberazione, in Cecenia diventa strumento di una rivalsa da decenni covata, ma all'alba del nuovo millennio, in territorio americano, è il totem che realizza la furia distruttiva di un insospettabile adolescente. E stato in grado di riadattarsi nel tempo ai più diversi contesti aggiungendo alla potenza di fuoco la forza del simbolo: è con un kalashnikov che Osama bin Laden ha voluto diffondere la propria immagine; con un kalashnikov, ora, gli Stati Uniti armano la polizia del nuovo Stato iracheno. Rincorrendo il suono rabbioso dell'Ak47, il racconto di Michael Hodges si addentra, tra esperienza diretta e ricostruzione storica, nella spettrale città che diede i natali al "fucile del popolo", nei territori della resistenza irachena fino ai bassifondi di una New Orleans apocalittica. E nel raccogliere questi segni, fra dominio e oppressione, ci mostra le contraddizioni che accompagnano la storia del primo prodotto davvero globale.
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