Tempo perso

Tempo perso

La silloge d'esordio di Fernanda Caruso, "Tempo perso", va analizzata innanzitutto per la coraggiosa scelta avanguardista, di carattere grafico, consistente nel collocare spazi bianchi di misura sempre differente tra i versi, rompendo dunque gli schemi e gli equilibri della metrica classica. Parola e bianco tipografico, suono e silenzio, si compenetrano in un sottile gioco di corrispondenze biunivoche, caricandosi proporzionalmente di significato. Le parole veicolano così una "storia", acquistano una possibilità semiotica che la collocazione all'interno di un discorso tradizionalmente costruito avrebbe fatto loro smarrire nel recinto di filo spinato della logica razionale. Ma anche gli spazi bianchi, cioè le sospensioni e le pause, si caricano di nuova tensione evocativa; essi vanno studiati e decodificati più delle parole stesse, perché chiamano in causa il lettore in prima persona che, al buio e senza alcun bastone di orientamento, è chiamato a sbrogliare questo filo di Arianna, proiettando in quegli angoli infiniti le intuizioni e i propri sogni.
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