Treni persi, presi o sognati. In cento parole

Treni persi, presi o sognati. In cento parole

Il commediografo irlandese George Bernard Shaw, distratto e bisbetico, viaggiava un giorno su una ferrovia secondaria, nei dintorni di Londra. Arriva il controllore. Shaw si fruga le tasche, ma il biglietto non salta fuori. "Va bene lo stesso," fa il controllore, che ha riconosciuto il celebre scrittore "l'avete smarrito". "Andrà bene per voi, giovanotto," replica Shaw "ma io come faccio ora a sapere dove sono diretto?". E forse questo il senso profondo del viaggio? Partire senza averne coscienza e magari, senza lasciare tracce né indirizzo? Senza saperne nulla, aspettando solo che un imprevisto indichi la strada o il senso del proprio errare? E se poi a traghettare altrove è un treno, con le sue fermate, gli incontri, gli orari da rispettare e le coincidenze da prendere (o perdere), il viaggio è solo un viaggio o la possibilità di incrociare i destini? Le parole spese sull'argomento sono tante, e da oggi ce ne saranno cento in più.
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