La meravigliosa storia di Antonio Maraviglia

La meravigliosa storia di Antonio Maraviglia

L'autore confessa, mettendosi a nudo, di avere scritto questo romanzo spinto da una morbosa curiosità che lo tormenta da sempre. La curiosità che spinge i fanciulli a rompere il giocattolo per vedere cosa c'è dentro. Giuffré vuoi vedere cosa c'è dentro la vita. Scomporla, sezionarla, esaltarla, umiliarla, colpirla a costo di spegnerla. Infilarsi in ogni segmento, in ogni meato per vedere come ne sarebbe uscito lui dopo questa folle circumnavigazione: se deluso o pentito o dolente o disgustato o arricchito o impoverito. Col cuore che ogni tanto perde un colpo, egli confessa di esserne uscito ferito. Dopo che ha letto quello che ha scritto, gli traballa la coscienza. La coscienza, così sossopra, ha scoperto che nessuno di noi riesce a governare la propria vita, a trovare un equilibrio quale che sia. Qui, in un pericoloso arruffìo di sensazioni, il Destino gli propone varie possibilità di recupero, ma Antonio non riesce a individuarne nessuna che sia saggia. Elena è la lunga ombra del Sospetto. Elena è la bilancia delle paure di Antonio. Antonio è vigliaccamente incapace di giudicarsi, di darsi un voto. Antonio non sa di essere bello quando è bello, non sa di non essere brutto quando è brutto. Questo è il tossico che se lo mangia lentamente fino a distruggerlo. Situiamoci davanti a quello strumento impietoso che è lo specchio. Eccolo Antonio Meraviglia: sono io, quelle sono le mie sembianze, quella è la mia innocenza che presto o tardi mi perderà.
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