Il migliore dei mondi impossibili

Il migliore dei mondi impossibili

Solo uno spirito abituato a considerare il possibile più che il reale conosce quale sia l’attrazione dell’infinito. Seduto davanti a una siepe, immagina tutte le conseguenze possibili di un evento e di un pensiero; e poi, con la mente desiderosa, risale indietro, fino alle cause di ogni fatto reale e immaginario, incontra di nuovo il gioco sterminato delle possibilità, e si trova chiuso tra due oceani egualmente inquietanti, nei quali rischia di smarrirsi. L’esistenza perde, per lui, ogni forma stabile e certa. Se contempla un paesaggio, lo trasforma cogli occhi, come se monti e fiumi, colline e pianure fossero segni di matita caduti per caso sulla carta, che si possono cancellare con un gesto della mano: se ricorda un fatto storico, viene attratto sopratutto dalla moltitudine di casi che avrebbero potuto verificarsi e, chissà perché, non si sono verificati: se riflette, tutti i suoi pensieri sembrano degli elementi di altre combinazioni intellettuali egualmente possibili; se guarda la carta scritta, si sorprende a rimpiangere le parole rifiutate, gli scarti, le congetture, le immagini che avrebbe potuto scegliere e non ha scelto.
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