Memorie dal sottosuolo

Memorie dal sottosuolo

Il sottosuolo: l'emblema della psiche umana con cui l'uomo stesso deve venire a patti quotidianamente per trovare un nesso logico alla realtà e che contemporaneamente anelerebbe a ripudiare per vivere autenticamente nel reale ed essere egli stesso più reale. Le memorie: il lascito della vita vissuta filtrato dal sottosuolo e riportato ad una nuova più obbiettiva, più lungimirante e forse per questo più nichilisticamente rassegnata luce di consapevolezza. Le memorie dal sottosuolo: un imperituro mirabile esempio di edotto esercizio di stile e di vita, poiché per addentrarsi in tal modo nei meandri della coscienza umana non solo bisogna saper scrivere, ma occorre anche saper vivere, conoscere la vita, la sua logica illogicità e la sua contraddittoria paradossalità. Solitamente non mi ritengo all'altezza di commentare i grandi classici della letteratura tuttavia per questo, vostro malgrado, farò un eccezione poiché raramente mi sono trovato più in accordo e contemporaneamente in disaccordo con un libro, raramente mi sono trovato più simpaticamente coinvolto ed al medesimo tempo empaticamente sconvolto da una lettura, fosse questa di narrativa fosse questa di saggistica. Ed è proprio in bilico tra questi due generi che si collocano "le Memorie," in bilico e in contrasto: parte romanzo aneddotico, parte disquisizione formale, parte premessa e parte giustificazione, ma quale l'una e quale l'altra? E' inutile domandarselo giacché in realtà sono un perfetto tutt'uno che si fonde laddove proprio c'è discrepanza, si unisce la dove maturano i germi della diversità: nell'uomo, l'uomo di Dostoevskij: al tempo stesso romantico e anti-romantico, coraggioso e vigliacco, antieroe capace delle più vili bassezze e tuttavia archetipo dell'eroe esemplificatore della condizione umana. Alla maniera del suo personaggio anche il libro è un unicum contrastante: indissolubilmente legato alla sua epoca e ciò nonostante assolutamente attuale, così ironicamente tragico da creare uno straniamento per déjà vu e sorprendere il lettore per una vicenda già molte volte vissuta, così ostentatamente imponderabile ed inconsueto da risultare lapalissiano. Per concludere è sintomatico di questi capolavori come le lunghe pagine di critica al testo, antecedenti il testo vero e proprio, non aggiungano e non sottraggano assolutamente nulla alla grandiosità dell'opera e dell'autore esatto: assolutamente nulla come probabilmente questa mia breve digressione.
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