Specchi sparsi

Specchi sparsi

Una silloge di singolare densità connotativa e allusiva dove la parola è fluido e massa allo stesso tempo, dove buio e luce si rincorrono, visione e pensiero si scambiano di continuo l'egemonia dei versi. Nel fluire policromatico dei versi non può sfuggire al lettore attento il filo conduttore di tutta la silloge: il silenzio. Silenzio al quale l'io lirico ricorre come condizione indispensabile per esplorare il paesaggio dello spirito attraverso l'ascolto. Silenzio come vela immobile da invelare con l'energia pulsante di parole che nascono primigenie a ridestare lo stupore prodotto dall'improvviso profilarsi dell'inatteso, inaspettato alla coscienza, che si lascia contemplare avvolta da un alone di sacro mistero. Silenzio non come semplice assenza di parole, ma come esperienza profonda di connessione con il tutto. Un riferimento alla radice della meditazione cui rimandano le filosofie e le religioni d'Oriente. Ne emerge una visione di personale sincretismo che trascende la vita terrena, la sua immanenza, traguarda attese e tocca mete ambite riflesse dall'eternità.
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