Scritti

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Scritti: Un povero contadino, un uomo incolto e semianalfabeta: si rappresentava così Francesco Tommencioni quando prendeva parola in pubblico e attraverso la stampa. Nato nel febbraio 1856, era cresciuto nella solitudine dei monti e nello squallore della miseria. Lo ricordava intervenendo nel marzo 1895 a una serata di beneficenza, promossa al Teatro degli Unanimi dalla Società Operaia di Arcidosso. Per questa sua esperienza di vita, prima ancora di impararla dal socialismo aveva riconosciuto la necessità della lotta di classe, ma «combattuta civilmente», con l'esercizio del voto. Si era dato «anima e corpo» alla causa delle classi diseredate e si era battuto, alle elezioni del 1892, perché i suoi «fratelli di schiavitù e di sventura» prendessero coscienza della propria dignità di uomini, di cittadini elettori, «liberi e onesti». Quella sera dunque, al Teatro degli Unanimi, respinse l'elemosina della carità e reclamò per i poveri il lavoro e il diritto al rispetto, anche se mancavano di istruzione e di educazione civile
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