E lo chiamano lavoro...

E lo chiamano lavoro...

L'età di Marchionne, oltre alla contrazione del numero di auto prodotte e alla fuga della Fiat dall'Italia, ha un marchio di fabbrica univoco. Il lavoro non c'è, e quando c'è, è sottopagato, precario, privo di diritti e di garanzie. Il numero dei disoccupati è in continua crescita e non bastano, a invertire la tendenza, il moltiplicarsi di tipologie contrattuali sempre meno garantite e gli ottimistici annunci di ripresa di un premier specializzato in promesse. La situazione è determinata, certo, da ragioni economiche ma ad esse si accompagnano, nel definirla, ragioni culturali e politiche altrettanto profonde. La classe operaia - è noto - non va più in paradiso (e quella, sempre più ristretta, dei contadini non ci è mai andata). Non per caso, ma per scelta. Contrapporre il lavoro ai diritti, quasi che fossero questi ultimi a ostacolare la crescita del primo, infatti, non ha nulla a che fare con l'occupazione ma serve a ridefinire l'organizzazione della società e le sue gerarchie. Lo dice in modo evidente la parabola del diritto del lavoro, dallo Statuto del 1970 al jobs act. In poco più di qurant'anni è cambiato tutto e lo Statuto sembra, oggi, un guscio vuoto: il dilagare del mito della flessibilità, dipinto come risorsa per distribuire meglio tempi di vita e risorse economiche, non ha favorito lo sviluppo dell'occupazione, ma ha determinato impoverimento e insicurezza. Indietro, peraltro, non si torna. E si apre, dunque, il problema del che fare.
Al momento non disponibile, ordinabile in 3 settimane circa

Dettagli Libro

Libri che ti potrebbero interessare

I colori dell'anima
I colori dell'anima

Fabrizia Poggi
Da parte di padre
Da parte di padre

Proietti Mancini, Marco
Indissolubile nucleo
Indissolubile nucleo

Laganà Bruno
Blasfemia
Blasfemia

Frigerio Giacomo
Anni Sessanta
Anni Sessanta

Lauro De Preto