Diceria

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A cominciare, si sa, fu Giuseppe Torquato Gargani, "pedante arcigno", "il classicista più intransigente e più intollerante", "il più radicale", chi lo conobbe è concorde nel ricordarlo così. Per Carducci, l'amico dell'anima. Tutt'altro che accidentale, la "diceria", pubblicata nel luglio del 1856, si inserisce in un rigido programma censorio (estetico e morale), nell'ambizioso tentativo "di non lasciar passare impunito qualunque libretto di poesia sia per venir fuori da oggi in poi". Vittima predestinata Braccio Bracci, fresco di Fiori e spine, l'"uccello destinato a gran volo", pronto alla perfezione solo che si abbandonasse allo studio della poesia "de' cento poeti Alemanni moderni, e dei Pollacchi, e degli Scandinavi, e perfino dei Russi" (secondo la maldestra definizione e suggerimenti del Guerrazzi), che anche un osservatore non di parte (non "pedante", cioè), anzi ai "pedanti" decisamente ostile, descrive arguto nell'abbigliamento stravagante e studiatamente "trasandato", nei versi improvvisati e "dozzinali", non altrimenti noto che per il baccano della polemica che suscitò.
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